giovedì 21 aprile 2016

Nome di battaglia Lia

18 aprile 2016 - 24 aprile 2016

Forse a volte ci si dimentica delle storie apparentemente periferiche. Ci si dimentica che al di là dei momenti alti e celebrativi, esiste un mondo fatto di episodi che fanno parte di una quotidianità ai più sconosciuta ma dal valore estremamente significativo. All’interno della grande pagina della Resistenza, il quartiere di Niguarda a Milano e le donne dei suoi cortili ebbero un ruolo particolare. Niguarda si liberò il 24 aprile 1945, con un giorno di anticipo su Milano. E fu proprio in quel giorno che si consumò uno degli episodi più tragici della Liberazione della città: colpita al ventre da una raffica di mitra di nazisti sulla via della fuga, moriva – incinta di otto mesi – Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia Lia, una delle figure più importanti del Gruppo di Difesa della Donna. Quest’ultimo vantava a Milano ben 40.000 aderenti, oltre 3.000 attiviste: assisteva i militari abbandonati da un esercito allo sbando; assisteva economicamente le famiglie in cui il marito, il padre, era nei lager o in carcere; era parte integrante dei Gruppi Volontari della Libertà e del comitato cittadino del C.L.N.; compiva manifestazioni e comizi improvvisati nei mercati rionali o in altre zone della città; forniva staffette in operazioni delicate; stampava Noi Donne, un foglio clandestino precursore del movimento femminista. Inoltre, sulle spalle delle donne ricadeva gran parte del peso della realtà quotidiana, fatta di bambini e anziani da accudire nel freddo, nella fame e nelle malattie. Un ritratto tragico e insieme vivace della Niguarda resistente, dedicato alle donne e al loro coraggio.Un testo basato su testimonianze dirette del nostro recente passato che, attraverso la riscrittura drammaturgica, si fa tragedia, dolore antico, arcaico. Emblematiche le ultime parole di Lia prima di morire: “Quando nascerà il bambino non ci sarà più il fascismo”. Nome di battaglia Lia

http://www.teatrodellacooperativa.it/distribuzione/nome-di-battaglia-lia-2/

mercoledì 27 gennaio 2016

PER NON DIMENTICARE




Non dimenticare
Quei fanciulli dagli occhi smarriti
raffigurano infamia del mondo,
tutti in fila con abiti lerci
nella neve ora girano in tondo.

Aggrappati a una rete ossidata
son derisi dai loro aguzzini,
hanno tutti lo sguardo implorante
e innocenza di dolci bambini.

Stesso sguardo rivedi ogni giorno
nei fanciulli di tutta la terra,
quando a loro è negata ogni gioia
ed agnelli son per la guerra.

Necessario non è rivedere
di sterminio l’immane tragedia,
basta andare nel mondo e guardare
i fanciulli morire d’inedia.

Essenziale non è ricordare
solamente Shoah cosa è stato,
c’è bisogno che ognuno dia voce
ad un bimbo che grida affamato.
 
 Michele Schiavone 

IL GIORNO DELLA MEMORIA



L’importanza della data del Giorno della Memoria serve non solo a non dimenticare gli orrori del passato, ma, almeno, dovrebbe servire anche a fare si che tali orrori non si ripetano più. Oggi invece in più parti del mondo il genere umano sembra ancora non avere imparato gli errori del proprio passato; in troppe parti del mondo si assiste a tragedie, guerre, deportazioni non dissimili dagli orrori vissuti durante la seconda Guerra Mondiale da Ebrei, Rom, Omosessuali e deportati politici.  Analogie tra l'assedio di Gaza dell’estate scorsa e l'assedio del Ghetto di Varsavia ... La logica che ha preparato la ghettizzazione di Gaza (che un cardinale cattolico ha definito «campo di concentramento») non è forse simile a quella che guidò la ghettizzazione degli ebrei di Varsavia? Non vennero forse gli ebrei di Varsavia costretti ad ammassarsi in uno spazio ristretto che divenne in poco tempo un formicaio? Non venne forse costruito intorno a loro un muro di cinta della lunghezza di 17 chilometri di tre metri di altezza esattamente come quello che Israele ha costruito per rinchiudere i palestinesi? Non venne agli ebrei polacchi impedito di uscire dai valichi che erano controllati da posti di blocco militari? Per motivare la loro aggressione che uccide quotidianamente centinaia di bambini e di donne, i dirigenti politici israeliani denunciano i missili Qassam che in otto anni hanno causato dieci morti (tanti quanti l'aviazione israeliana uccide in mezz'ora). E' vero: è terribile, è inaccettabile che il terrorismo colpisca la popolazione civile di Israele. Ma questo non giustifica lo sterminio di un popolo! Non giustifica il terrore indiscriminato! Anche gli ebrei di Varsavia usarono pistole, bombe a mano, bottiglie molotov e perfino un mitra per opporsi agli invasori. Armi del tutto inadeguate, come lo sono i razzi Qassam. Eppure nessuno può condannare la difesa disperata e legittima degli ebrei di Varsavia.
Occorre ricordare tutte le vittime del razzismo, quelle di ieri e quelle di oggi. Senza ipocrisia. Occorre non girarsi dall’altra parte e far finta che il problema dei profughi non ci riguardi: centinaia di migliaia di donne, bambini e uomini che, in condizioni disumane, scappano da guerre finanziate se non causate dall’ Occidente, sempre più reo di una politica internazionale fallimentare fatta di sfruttamento di terre e popoli. Centinaia di migliaia di persone, esseri umani, non in cerca di un futuro migliore, ma semplicemente di un futuro, di un presente...